venerdì 30 novembre 2007

Jeg elska Kopenhavn

Fra poche ore, mentre voi leggerete questo blog forse sarò a Kopenhagen. Dico forse perchè primo sono superstizioso e secondo c'è uno sciopero dei trasporti di quelli che non si vedevano dal biennio rosso. Ma fortunatamente la compagnia e danese, ed i danesi non scioperano. Che popolo! E che città! L'ultima volta che ho visto CPH è stato l'ultimo giorno d'erasmus. E chi ha fatto l'erasmus sa che l'ultimo giorno è un momento epico. E' una pagina della tua vita che si chiude. Sei soddisfatto perchè l'hai vissuto alla grande, sapendo che è un'esperienza unica. Ed il tempo non torna. Sarebbe inutile cercare di vivere due volte un erasmus. La forza-bellezza di questa esperienza è scoprire di riuscirsela a cavare nonostante la lingua, nonostante la solitudine, nonostante tutto. E' una prova individuale: provi a te stesso che ce l'hai fatta.
Nel vangelo c'è scritto: "là dove sarà il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore". Già un pezzo del mio cuore era a Copenhagen, adesso che c'è lì anche il mio tesoro, non mi resta che mettere insieme tutti i pezzi.

mercoledì 28 novembre 2007

Il contenitore ed il contenuto

Oggi sono entrato nel Palazzo. Quello con la P maiuscola: "Il" Palazzo. Metal Detector all'ingresso, valletti dietro un vetro blindato e una persona che mi accompagna fino all'ufficio giusto. Prima di arrivare percorriamo chilometrici corridoi, saliamo un piano con un ascensore, scendiamo tre scalini e ne risaliamo cinque: sembra l'abbia fatto apposta per farmi confondere! Infine arriviamo in questo ufficio proprio in fondo. L'interno ha i classici mobili massicci e la poltrone in pelle con uno schienale alto: i simboli del potere passano anche attraverso l'arredamento. La stanza è chiusa e isolata. Non è ben illuminata. Siamo ad un piano piuttosto alto, eppure c'è una luminosità cupa. Non capisco tutta sta sicurezza per entrarci: e che devo fare? Ve li devo mangiare sti parlamentari?
Dietro tutto questo sembra esserci una mano ben precisa. Un ufficio così sembra fatto apposta per fare affari loschi. Impenetrabile ed oscuro, da dovunque lo si guardi non si vede niente. E tutte le misure di difesa mi sembrano più rivolte a chi sta dentro che a chi sta fuori. Uscire fuori è difficilissimo: per vedere il sole bisogna fare chilometri di corridoi, scale ascensori metal detector e porte blindate. Una vera e propria prigione, dorata forse, con valletti e quadri d'epoca, ma comunque una prigione. Bisogna stare bene attenti a tenere la classe politica lontano dalla gente, sembra essere il senso di quel palazzo, e lasciarli fare nell'oscurità, lontano da occhi indiscreti. Mi viene da pensare che nei Paesi Scandinavi i parlamentari li puoi incontrare al supermercato.
Voglio giocare a fare l'architetto: Ho pensato a come avrei disegnato io gli uffici dei parlamentari: Volete sapere come: un luminoso Open Space. Ci pensate? che meraviglia. Tutti che controllano tutti. La trasparenza fisica tra gli uffici significa trasparenza amministrativa. Con ampie superfici in vetro così che sia tutto alla luce. Con tanti ingressi e gli uffici disposti verso l'esterno. La forma potrebbe influenzare il contenuto, gli spazi possono cambiare le strutture?
Torno realista: la forma non è mai casuale. Il contenitore prende la forma del contenuto. Non è per caso che quel palazzo sia così inaccessibile, che i mobili siano così pomposi e gli uffici così isolati. Ma mi rimane un dubbio? E' possibile che il legame inverso sia possibile? Cioè, possiamo cambiare il mondo cambiando la sua forma? L'architettura (ma anche il design, o la pianificazione) ha un valore sociale? Può essere portatrice di cambiamento o ha solo l'illusione di esserlo, essendo essa stessa un turacciolo che si muove come si muovono le onde?

martedì 27 novembre 2007

Il momento è magico. E durerà fino al 2020

L'avevo scritto giusto ieri sera, ed oggi ne ho avuto la conferma. Voglio condividere con voi i vantaggi di lavorare nell'unità dell'Enel che si chiama Relazioni Esterne, ma detto tra noi, in termini spiccioli, si occupa di lobbying. L'Unione Europea ha intenzione di adottare una direttiva che VINCOLA i Paesi membri al raggiungimento degli obiettivi del programma 20-20-20 (vedi precedente post). Devo ancora capire cosa significa "vincolare", perchè è da questo che dipenderà se il piano sarà attuato realmente o rimarrà una "dichiarazione d'intenzioni".
Oggi ho partecipato ad una conferenza preparatoria di un'incontro previsto per il 10 dicembre col ministro Bersani: in pratica il think tank dell'Enel si è riunito per avere una posizione forte ed unitaria in prospettiva dell'evento, e di tutto quello che succederà dopo. La frase conclusiva è stata "il momento è magico!", che non lascia dubbi sulle mille opportunità che si aprono in questo campo. L'Europa ha preso una decisione coraggiosa: fare dell'ambiente una priorità, e l'ha fatto unilateralmente, senza aspettare Bush o la Cina. Le imprese ed il sistema Italia adesso devono cogliere la sfida: rendere l'ambiente non più un vincolo ma una leva per creare vantaggio competitivo rispetto alle altre imprese e Paesi. Non so se capite il peso di un tale programma: vuol dire riorientare il mix energetico, ridurre la dipendenza dal petrolio, creare nuove opportunità: adesso comincia la partita per vedere chi saprà coglierle.
Mentre quelli parlavano la testa mi frullava piena di pensieri: 20% di rinnovabili è davvero un sacco. Per noi ingegneri ambientali si creano delle opportunità non da poco, forse mai viste prima per la nostraprofessione.
E' davvero triste che lo sbocco classico di un'ingegnere ambientale sia stata fino ad ora, l'industria del petrolio. Studiare per cinque anni di gestione dell'acqua e finire a fare le trivellazioni in Kenia per una delle tante compagnie petrolifere, che sia Eni o Shell. Che vi piaccia o meno, il mercato del lavoro è guidato dal capitale, ed il petrolio muove un sacco di capitale. Ma la novità è che adesso anche le rinnovabili muovono capitali. Se non lo sapevate ve lo annuncio in diretta, ma tenete il segreto!
Voglio raccontarvi di una mia esperienza. Alla Bocconi mi "obbligarono" a fare il colloquio per Eni e Shell. Io andai, ringraziai dell'opportunità ma dissi con garbo che non ero interessato. Pensavo di riuscire a "spendere" tutto quello che ero e che avevo fatto fino a quel momento, che si era lentamente stratificato nel mio curriculum, per avere il "privilegio" di rifiutare un lavoro
oltre il mio personale (e sottolineo personale) limite d'accettabilità. (Vi ricordo che fino a poco fa andavo in giro con la bicicletta targata "No Oil"!) Devo confessare che, nei momenti in cui ho avuto più difficoltà a trovare lavoro, più volte mi è venuto il dubbio se avessi fatto bene a sciupare così un'occasione. Ma poi mi convincevo che sì, in fondo va bene così, troverò. Adesso, che si apre questa prospettiva posso guardare indietro e pensare con convinzione che sicuramente ho fatto "la cosa giusta".

lunedì 26 novembre 2007

Il futuro dell'eolico

Chi segue i movimenti di luciofaso sa che sta lavorando all'Enel. Chi segue gli eventi del mondo sa che l'energia è una delle risorse strategiche della nostra economia, da quando il prezzo del petrolio è così alto anche un'importante fattore di competitività. L'Enel sta puntando sul carbone. E' una scelta strategica. Speriamo che Conti abbia fatto bene i conti: il carbone costa meno, ma quanto Kyoto entrerà a regime inquinare costerà, e allora sarà importante avere fatto bene i calcoletti.
Nel frattempo che Carlo Rubia scopra come far cacare fuori dal sole abbastanza energia per muovere tutto il Paese, l'Italia e gli altri paesi europei si lanciano nel programma 20-20-20, vale a dire venti per cento di rinnovabili sul totale della produzione elettrica, venti percento di aumento dell'efficienza e conseguente riduzione dei consumi rispetto alle previsioni, il tutto entro il 2020. Ambizioso? Ambiziosissimo, a mio parere. Soprattutto sul punto rinnovabili, cioè idroelettrico, solare ed eolico. L'idroelettrico è già al max di produzione, non è pensabile costruire altre dighe, il solare è estremamente costoso (e per ora estremamente marginale), vedo qualche margine di incremento nell'eolico. Ma anche questa fonte ha i suoi problemi.
Una dei principali limiti allo sviluppo dell'eolico è l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie. Ciò è dovuto in parte alla macchinosità della burocrazia di alcune regioni (in particolare Calabria) ed in parte alle opposizioni locali. Spesso le "wind farm" sono fortemente osteggiate dalle comunità locali. Un importante parco eolico off shore da costruire al largo del Molise è stato osteggiato e poi bloccato dal ministro per le infrastrutture Antonio Di Pietro, sviluppista a casa d'altri, radicale oppositore a casa sua. C'è da dire che a volte le zone adatte alla costruzione di impianti eolici coincidono con aree ad elevato pregio paesaggistico. In ogni caso il tema dei conflitti locali alle grandi opere (anche una serie di turbine possono esserlo) è uno degli argomenti di mio principale interesse, nonchè del mio attuale lavoro. Apre tutto un campo di riflessioni socio-politico-economiche interessantissimo.

Cliccando sulla scritta potete trovare le linee guida del governo per la progettazione e la valutazione paesaggistica degli impianti eolici. Gli architetti-planner-ingegneri (specie se ambientali) che seguono il mio blog possono cominciare a dargli un'occhiata. Ammetto di non averlo ancora letto. Prometto di farlo per il prossimo post. Possiamo aprire una discussione che spero si riveli interessante.
Stay with us...

ps
Mi scuso per la mancanza di citazioni alle fonti di quanto ho scritto. Se Noam Chomsky leggesse il mio blog rimarrebbe fortemente deluso da me. Per questa volta dovrete fidarvi di quanto vi ho detto, per le prossime volte cercherò di argomentare le mie affermazioni.

domenica 25 novembre 2007

Ancora manifestazioni

Sarà che a Roma c'è una manifestazione al giorno, Sarà perchè mi metto a scrivere sul blog la domenica sera, sarà che il weekend non ho ancora nulla di impegnativo da fare, ma l'argomento di questo post sono ancora le manifestazioni. Sta diventando il mio hobby preferito. Invece di andare a passeggiare in via del corso io il fine settimana partecipo alle manifestazioni. E' encomiabile, ma non lo faccio per attivismo, quanto più per sport. Poi la sera torno a casa e mi metto a scrivere sul blog. Dopo la manifestazione di AN per la sicurezza e contro le tasse, quella della sinistra radicale contro il precariato, quella dei Verdi contro il nucleare, stavolta mi è toccato partecipare alla manifestazione autorganizzata contro la violenza sulle donne.
Perchè un uomo sente forte il bisogno di manifestare contro la violenza sulle donne? Perchè è una barbarie, in qualsiasi forma, perchè un mondo senza violenze sulle donne è un mondo più civile, perchè non riesco a scindere i diritti delle donne dai miei. Quando penso alle violenze sulle donne non penso tanto a quella violenta dello sconosciuto che ti prende allo sprovvisto nella strada senza luci. Credo che questa forma di violenza sulle donne sia solo quella più palese e pubblicizzata. Io penso in realtà alle mille violenze che non solo non vengono denunciate, ma non vengono neanche percepite come tali, perchè la cultura quasi le accetta. Per arrivare infine all'apice della barbarie nelle pratiche dell'infibulazione e della lapidazione per adulterio. Mamma mia! Quando ci penso mi viene il freddo a pensare a quanto dolore siano costrette a subire per il fatto di essere donne.
Credo che l'emancipazione reale delle donne, oltre che dalla politica, passi necessariamente dall'economia. L'indipendenza economica determina indipendenza sostanziale. Molto spesso le donne non denunciano i propri mariti violenti perchè da loro dipendenti in termini economici.
E allora forza donne, diamoci da fare!